Con le donne egiziane: il rap senza paura di Mayam Mahmoud

La piaga delle molestie sessuali in Egitto non si arresta, e se i media rifiutano di parlarne, la condanna arriva dai versi di fuoco di una giovane artista, ormai conosciuta in tutto il mondo come “la rapper col velo”.

Mayam Mahmoud, 19 anni, è balzata l’anno scorso agli onori delle cronache per la sua partecipazione al seguitissimo reality show Arab Got Talent (l’equivalente del nostro X-Factor).

E non solo perché durante le sfide canore si esibiva indossando l’hijab, cosa che non era mai capitata prima in uno spettacolo del genere: il suo scopo, infatti, è stato fin da subito quello di sfidare le aspettative e i cliché che riguardano le donne arabe, e attraverso la sua musica non si è mai fatta scrupolo di denunciare il dilagare delle delle violenze sessuali che attanaglia l’Egitto da ormai molto tempo, cosa che gli è valsa perfino una minaccia di morte su Facebook.

Se la sua gara in TV si è arenata alle finali, il suo impegno sociale a favore di tutte le donne egiziane non si è mai fermato, e un mese fa è stata scelta da Index on Censorship come vincitrice, nella categoria “arti”, del Freedom of Expression Awards.

Per lei una vittoria ancora più importante, dato che il premio viene dato ogni anno ai giornalisti, artisti e attivisti provenienti da tutto il mondo che si sono contraddistinti per il loro coraggio e che, attraverso le loro storie vere, ci ricordano che il diritto alla libertà di parola e di espressione deve essere difeso a tutti i costi.

La vita stessa di Mayam Mahmoud ne è un esempio. Nata al Cairo e amante della poesia già all’età di 10 anni (grazie a sua madre), la svolta è arrivata quando ha iniziato a scrivere lei stessa dei versi che ha deciso di trasformare in rap, un genere musicale che ha subito trovato congeniale, ma tutt’oggi dominato dagli uomini.

Anche per questo ha deciso di cantare in arabo, in modo da catturare l’attenzione dei giovani egiziani, sempre alla ricerca di nuovi modi di esprimersi e punti di riferimento alternativi, in particolare dopo la rivolta giovanile che ha rovesciato Mubarak nel 2011.

Ed è proprio sulla società in cui vive che la giovane ha deciso di incentrare i suoi rap, quella società in cui le molestie contro le donne sembrano essere diventate un’epidemia. “Si accettano ormai come parte della vita di tutti i giorni – dice Mayam – e si colpevolizza la donna per quello che fa, per come si veste”.

Ancora, quell’Egitto in cui il 99% delle donne dichiara di aver subito molestie almeno una volta nella vita, in cui il 91% ha paura di circolare da sola per strada, e dove, secondo uno studio della Fondazione Thomson Reuters, le condizioni delle donne sono le peggiori di tutto il mondo arabo per quanto riguarda le violazioni dei diritti, gli abusi sessuali e le mutilazioni genitali femminili.

Solo di recente, durante le celebrazioni dedicate al presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi in piazza Tahrir, almeno cinque donne sono state aggredite dalla folla, episodi che alla fine neppure i media ufficiali sono stati in grado di nascondere per via di un filmato molto crudo circolato in modo virale su Youtube.

E molti dubitano dell’efficacia del nuovo decreto legge emanato dal presidente ad interim uscente Adly Mansour, che rende le molestie sessuali un reato punibile con una pena fino a cinque anni di carcere.

La lotta di Mayam Mahmoud, in questo senso è più culturale, incentrata su un cambio di mentalità prima di tutto nelle stesse donne. Il suo scopo è, prima di tutto, di spronarle ad alzare la testa e a denunciare i propri aguzzini.

Modella part-time, oltre che rapper e studentessa di scienze politiche, passa moltissimo tempo insieme alle donne che condividono le loro storie di discriminazione quotidiana, i loro pensieri, i loro sogni, anche attraverso una pagina Facebook da lei creata, “Carnival of Freedom”. Esperienze che, con il loro permesso, Mayam poi incorpora nella sua musica e nei suoi testi.

“Spesso le donne preferiscono rimanere in silenzio per paura che di essere colpevolizzate – dice la rapper – Ma ogni volta che stiamo zitte rendiamo il problema ancora più grande”.

June 15, 2014di: Anna ToroEgitto,Video:

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