Afghanistan. I giovani al voto, tra sfiducia, violenze e voglia di reagire

Il 5 aprile, il paese è chiamato alle urne per scegliere il suo nuovo presidente e 458 consiglieri provinciali, ma la disillusione, il timore di frodi e gli attacchi dei Talebani ne mettono a rischio lo svolgimento. A farne le spese sono soprattutto i giovani che, nonostante le iniziative, i pannelli e perfino un concorso musicale, faticano a sentirsi coinvolti.

Tutto quello che dovevano fare era iscriversi sul sito del contest, scaricare una traccia musicale e cantarci sopra un testo scritto di proprio pugno sulle elezioni, che potesse dar voce e invogliare i propri coetanei ad andare a votare, con l’idea che “partecipare è cool”.

“Vai alle urne senza alcun timore,
Vai dritto ad esercitare ancora una volta il tuo voto.
Abbiamo visto attentati suicidi, esplosioni e bombardamenti,
Abbiamo visto le foglie degli alberi ingiallire.
Le urla di quel bambino malato innocente,
E il sacrificio di quel vecchio ferito.
Gli adolescenti, i giovani, e le vedove stanno votando per loro terra…”

Così canta Sonita, la vincitrice per la categoria femminile, con il suo rap che ha sorpreso molti per la qualità di rime e testo. I vincitori per quella maschile sono stati Sami e Shaheed, rapper anche loro, forse perché il genere bene si presta a comunicare messaggi di questo tipo.

Ma nonostante la buona partecipazione (grazie anche a un premio in palio di mille dollari), chissà se il concorso, che ha ricevuto la copertura dal canale principale del paese, Tolo TV, e il sostegno finanziario di organizzazioni come l’Institute of Peace (mentre non è stato minimamente calcolato dal governo afghano), riuscirà nel suo obiettivo reale.

Creato dai promotori del Sound Central Festival, il festival delle arti alternative di Kabul, è infatti solo una delle tante iniziative volte a coinvolgere i ragazzi, di cui la maggior parte non ha conosciuto altro che guerre, bombe, povertà, occupazioni e violenze. Nonostante gli appelli e le canzoni, infatti, a regnare tra loro è soprattutto la sfiducia.

Una disillusione generale nei confronti della politica che è cresciuta nel tempo: basti pensare che, se alle elezioni presidenziali del 2004 votarono circa 8 milioni di afghani, a quelle del 2009 alle urne ne andarono poco più della metà. Quest’anno, a sentire i pronostici, le cose potrebbero andare addirittura peggio.

“Tutti i miei amici afghani pensano che le elezioni siano una buffonata – racconta perfino Travis Beard, uno degli organizzatori del concorso – dicono che a condurre il tutto è un gruppo di signori della guerra o, ‘mafiosi’. E dicono che il loro voto non ha importanza”. Secondo lui, però, bisogna dare una chance a questa tornata: “Alcuni, potrebbero dire: ‘Oh, al diavolo: vado avanti a votare e vediamo cosa succede”.

UNA NAZIONE UNDER 25.

E dire che proprio loro, i ragazzi, sono una chiave di volta fondamentale di queste elezioni, dato che ben il 68% della popolazione, 7 afghani su 10, hanno meno di 25 anni. Timor Shah Ishaqzai, vice ministro dell’Informazione e della Cultura, dice che su un totale di 12 milioni di aventi diritto al voto quest’anno, più di 8 milioni sono giovani.

Questo significa che il loro voto può avere un impatto enorme sul risultato delle prossime elezioni, che sono cruciali nella storia del paese.

Innanzitutto, dopo una lunga serie di guerre, violenze settarie e colpi di stato, esse si distinguono per essere la prima transizione pacifica (più o meno) del potere. Inoltre, poiché il presidente Hamid Karzai ha terminato i suoi due mandati, la costituzione afghana gli impedisce di candidarsi di nuovo, e questo significa che sarà eletta per forza una persona nuova. E non bisogna dimenticare che l’elezione avviene proprio mentre gli Stati Uniti e la coalizione Nato stanno lasciando la responsabilità della sicurezza nelle mani delle forze afghane.

Eppure, sembra che i giovani afghani siano molto meno coinvolti nella politica del paese rispetto ai loro predecessori.

Vari fattori li hanno tenuti lontani dal partecipare ai processi politici, compresa la loro sfiducia verso l’attuale governo, che non avrebbe prestato attenzione ai loro problemi: negli ultimi 12 anni, infatti, miliardi di dollari sono stati versati in Afghanistan, ma nessun investimento a lungo termine è stato fatto, e i fondi esteri si stanno prosciugando, lasciandoli senza opportunità.

La questione dell’istruzione superiore e universitaria, in cui regna la disorganizzazione, tra esami truccati e favoritismi, ne è un esempio lampante, e secondo diversi analisti interpellati dal quotidiano Afghan Zariza, entrambi i governi Karzai avrebbero utilizzato in passato la gioventù come un serbatoio di voti, senza offrire loro nulla in cambio.

A questo si aggiunga la difficoltà, in una società come quella afghana, fortemente gerarchizzata e basata sul potere dei signori della guerra e di leader locali, di garantire l’effettiva trasparenza del processo elettorale, tra pressioni e poca informazione, specie nelle zone lontane dai grandi centri.

Più in generale, la corruzione che sembra contraddistinguere gran parte della vita politica e istituzionale del paese, non fa che allontanare ulteriormente i ragazzi dal voto.

Ad esempio, durante un dibattito promosso dall’IPWR (Institute of War and Peace reporting) tra gli studenti di un’università di Kandahar e quelli di Mazar-e Sharif, i ragazzi hanno sollevato numerose preoccupazioni riguardo alle voci insistenti che accusano i candidati alle elezioni di aver piazzato i propri uomini di fiducia proprio all’interno della Commissione elettorale indipendente (IEC).

E poi c’è la guerra, la violenza che questi ragazzi respirano da quando sono nati. Almeno 31 civili e 26 soldati e agenti di polizia sono stati uccisi nel solo giorno delle elezioni durante la tornata elettorale del 2009. E quest’anno rischia di essere anche peggiore.

ESCALATION DI MORTE.

Dall’inizio della campagna elettorale a fine gennaio i Talebani non hanno smesso di attaccare i convogli dei candidati e i loro collaboratori, uccidendo tra gli altri un funzionario della Commissione elettorale.

L’ong locale addetta al monitoraggio delle elezioni, la Free and Fair Election Foundation of Afghanistan ha riferito a Human Right Watch che in questi due mesi le violenze e le intimidazioni legate alle elezioni hanno già incluso sette omicidi, un tentato omicidio, e diversi attacchi e minacce.

A questi si aggiungono le stragi di questi giorni, come l’autobomba esplosa ieri di fronte a un ufficio elettorale alla periferia di Kabul, mentre due uomini armati facevano irruzione nell’edificio uccidendo quattro uomini, tra cui un candidato al consiglio provinciale.

Ha destato orrore anche l’attacco talebano all’Hotel Serena, Kabul, alla vigilia del Newroz, che ha fatto nove morti tra cui due bambini uccisi con un colpo di pistola alla testa (tra le vittime della strage, anche il reporter afghano dell’Afp Sardar Ahmad, ucciso insieme a sua moglie e a uno dei suoi figlioletti, che ha portato i colleghi giornalisti a reagire con il silenzio stampa sulle attività dei talebani).

D’altronde, l’escalation di violenze era già stata annunciata: “Abbiamo dato ordine ai nostri mujaheddin di utilizzare tutte le forze a loro disposizione per interrompere queste imminenti elezioni farsa, e di prendere di mira tutti i partecipanti, gli attivisti, l’apparato di sicurezza e gli uffici” scrivono i Talebani in un comunicato inviato via email ai media del paese.

“Abbiamo ancora una volta fatto appello a tutti i nostri connazionali di tenersi lontani dalle sedi e dalle cabine elettorali, dalle manifestazioni e campagne in modo tale che, Allah non voglia, le loro vite non siano messi in pericolo. Se qualcuno ancora si ostina a partecipare, allora sono loro gli unici responsabili per ogni eventuale perdita in futuro”.

E ancora: “La gente deve rendersi conto che l’elezione non porterà alcun risultato, perché le vere elezioni si sono già svolte negli uffici della CIA e del Pentagono, e il loro candidato preferito è già stato scelto”.

VERSO IL 5 APRILE.

Come reagiranno i ragazzi a tutto questo, il giorno del voto?

D’altronde, violenze a parte, la rosa dei nove candidati rimasti in lizza non sembra suscitare grande appeal: dal super favorito Zalmay Rassou, ex ministro degli Esteri e sostenuto anche dal fratello di Karzai che si è di recente ritirato dalla gara, ai suoi principali rivali tra cui Abdullah Abdullah, che dopo essere stato uno stretto collaboratore dell’eroe nazionale Ahmad Shah Massoud, aveva sfidato il presidente nel 2009 ma, denunciando frodi, aveva deciso di rinunciare al secondo turno; fino all’ex ministro delle finanze Ashraf Ghani, favorito dalla classe intellettuale ma contestato per essersi affiancato al generale Abdul Rashid Dostum, signore della guerra uzbeko.

Per non parlare del candidato più controverso, l’altro warlord e islamista radicale Abdul Rassoul Sayyaf.

Per ora, la gara resta aperta, in un’atmosfera tutt’altro che serena, nonostante la presenza degli osservatori internazionali e di circa 400.000 tra soldati e poliziotti afghani pronti a dislocarsi in tutto il paese per scoraggiare qualsiasi minaccia al processo democratico: un ben magro bottino per gli Stati Uniti e la loro decennale e costosissima missione di “pace” che avrebbe dovuto contribuire a costruire la democrazia nel paese.

E’ questo il tipo di vita che volevate? – invocano a suon di rap i giovani vincitori dell’Afghan Election Anthem – Dove c’è guerra una sanguinosa 24 ore su 24, proprio come la respirazione che viene e che va / Oh connazionali, alzatevi in piedi per il bene del vostro paese / Mostratemi il cammino in questa elezione”.

Foto di U.S Embassy Kabul Afghanistan via Flickr CC

March 26, 2014di: Anna ToroAfghanistan,Video:

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