Siria. “Mi chiamo Basil, il principe delle api”

La storia di Basil Shehadeh spaventa anche dopo la sua morte. Perché Basil rappresenta una storia dimenticata, cancellata dal sangue di Aleppo, dalle bandiere nere. Rappresenta la Rivoluzione siriana, così come era nata, quando la gente per le strade cantava “il popolo siriano è uno”.

“Mi chiamo Basil, Basil Shehadeh, e vengo dalla Siria”
“E cosa significa “casa” per te?”
“Cosa significa casa per me? Mmm.. è una domanda molto pericolosa, sai. La mia risposta potrebbe crearti problemi”.

Inizia così una dei pochi video che ritraggono Basil Shehadeh, timido e sorridente, davanti a una telecamera.

Di solito il suo posto era infatti dietro la macchina da presa, intento a filmare e documentare ciò che accadeva davanti ai suoi occhi.Basil, nato a Damasco il 31 gennaio 1984, nella sua vita è stato molte cose. È stato musicista e compositore. Nel 2004, ventenne, vinse un competizione giovanile con la canzone “I dream of my Home”, scritta da lui e cantata dal cugino undicenne.

È stato uno dei primi laureati in tecnologie dell’intelligenza artificiale in Siria, strada che però abbandona presto. È stato un giovane archeologo, che parteciperà a diversi scavi per conto del Museo Nazionale di Damasco.

Basil è stato poi un viaggiatore, un viaggiatore vero.

Nella sua vita ha attraversato la Siria in un lungo e in largo a bordo della sua bicicletta, e nel 2011, con una vecchia motocicletta, è partito per un viaggio che l’ha portato fino all’India, attraversando Turchia, Iraq, Iran, Afghanistan e Pakistan.

È stato il primo siriano in decenni ad attraversare il confine tra Iran e Pakistan e per un tratto è stato perfino scortato dalla polizia pakistana. Ma, soprattutto, Basil è stato un giornalista e un documentarista.

Il suo documentario più famoso, Sunday Morning Gift, fece il giro del mondo come una delle più toccanti testimonianze sulla guerra in Libano del 2006. Carrying Eid to Camps è invece uno dei pochissimi documenti che parlano della crisi dei rifugiati interni che colpì la Siria ben prima del conflitto attuale, durante la grave siccità del 2010.

Nel 2010 il suo talento viene notato. Basil vince una borsa Fullbright per studiare negli Stati Uniti, alla Syracuse University, una delle più prestigiose scuole di regia e montaggio. Arriva negli Stati Uniti all’inizio del 2011. Viaggia molto attraverso l’America, interessandosi in particolare delle proteste di “Occupy Wall Street” e realizzando un piccolo documentario sulla rivolta siriana che in quei giorni stava muovendo i primi passi, Singing to Freedom in cui intervista alcuni dei più importanti pensatori radicali statunitensi, tra cui Noam Chomsky.

Ma non resterà in America a lungo. Qualcosa sta succedendo là a Damasco, qualcosa che non riesce a lasciarlo indifferente.

A un amico confiderà: “Cosa dirò ai miei figli quando mi chiederanno della Rivoluzione? Dovrei raccontargli che mentre accadeva ho lasciato il mio paese per farmi una carriera?”.

Basil lascia Syracuse e la sua borsa Fullbright e torna in Siria. Inizialmente si muove fra Damasco e Homs. In entrambe le città è tra gli animatori delle iniziative e delle manifestazioni contro il regime.

È uno degli ideatori delle “banconote della rivoluzione”.

Fogli di carta del tutto simili a banconote da 1000 lire siriane (le banconote di maggior valore in Siria) ma che su uno dei due lati hanno stampati slogan, informazioni e messaggi sulla rivoluzione e i prossimi appuntamenti per le manifestazioni clandestine. “Così è facile far circolare le nostre idee. Basta spargerli per strada. Chi non si piegherebbe a raccogliere una banconota da 1000 lire?”.

Dopo un breve soggiorno nella sua Damasco, Basil decide di recarsi stabilmente a Homs. È là che sta avvenendo la battaglia più dura fra i manifestanti inermi che occupano per settimane intere le piazze e le forze di sicurezza del regime.

La città è assediata, i quartieri dove avvengono le proteste vengono bombardati quotidianamente, le persone colpite dai cecchini dell’esercito del regime.

Basil inizia a girare. E inizia a insegnare agli altri come farlo.

Sono molti i giovani aspiranti giornalisti e registi che in quelle settimane imparano da lui come girare, fotografare e montare un video. Basil inizia anche a elaborare dei lavori suoi, questa volta sulla Rivoluzione, la sua rivoluzione, e su Homs. A’br Ghadan, Attraverserò domani, dalle parole che gli abitanti di Homs si ripetono per farsi coraggio la sera prima di attraversare le strade sorvegliate dai cecchini, e un lavoro più complesso, I principi delle api, che verrà completato alla fine del 2013 da Delair Youssef, un altro blogger e attivista siriano.

Perchè Basil non ha potuto finirlo. Basil Shahadeh è morto a Homs il 28 maggio 2012. A ucciderlo un bombardamento del regime di Asad mirato a distruggere il luogo dove lui e gli altri giovani fotografi e reporter che lavoravano con lui avevano trovato rifugio. Aveva 28 anni.

La sua salma non è potuta ritornare nella sua Damasco. E’ rimasta a Homs, tumulata dopo un piccolo funerale celebrato da “Abouna Frans”, Francis Van Der Lugt, il gesuita olandese diventato una leggenda per i rivoluzionari di Homs, città in cui ha abitato per oltre 50 anni, prima di venire anch’egli assassinato da uno sconosciuto dal viso coperto nell’aprile 2013.

Pochi giorni fa, il 30 maggio, la famiglia di Basil ha tentato di celebrare una piccola messa a suffraggio per lui a Damasco nella Chiesa di San Cirillo di Bab Touma, quartiere cuore della comunità cristiana a cui Baseel apparteneva.

Ma Basil preoccupa il regime anche da morto. La Chiesa è stata chiusa, la messa vietata.

Chi si è ostinato a raccogliersi comunque in preghiera di fronte al portone è stato arrestato o scacciato. La casa della famiglia Shahadeh è stata messa sotto sorveglianza.

Basil spaventa perché rappresenta una storia dimenticata, cancellata dal sangue di Aleppo, dalle bandiere nere e dai video demenziali e surreali del boia John. Rappresenta la Rivoluzione siriana, così come era nata.

Le giornate gloriose di Homs, Daraa’ e Hama. Gli slogan di unità, “Wahed, al-Shaab al Souriy Wahed!” (Uno, il popolo siriano è uno).

E quei giorni, scomparsi in un vortice di follia e sangue, in cui in cui la telecamera di Basil riprendeva sunniti, cristiani e perfino alawiti cantare insieme nelle piazze bombardate di Homs.

Questo piccolo documentario, realizzato dagli amici di Basil dopo la sua morte, racconta la vita di Basil, dalla sue prime esperienze di viaggiatore e musicista alla sua morte nel bombardamento di Homs.

*Articolo originariamente pubblicato sul sito di ISPI http://www.ispionline.it/it/medshake/il-principe-delle-api-13411

May 31, 2015di: Eugenio Dacrema*Siria,Video:

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