Marocco. Quando l’istruzione è un “problema politico”

“Non si può costruire un paese senza educazione”. Disimpegno istituzionale, carenza di infrastrutture e privatizzazione dell’insegnamento sono i sintomi di un “sistema in fallimento”. Ce ne parla Nabil Belkabir, membro dell’Unione degli Studenti per il cambiamento.

di Mikael Vogel per Jadaliyya* – traduzione a cura di Francesco Siccardi

Trenta per cento: è il tasso di analfabetismo ufficiale marocchino, ancora più elevato tra le donne e negli ambienti rurali.

Ma trenta per cento è anche il tasso di disoccupazione tra i giovani tra i 15 e i 29 anni calcolato dalla Banca Mondiale: per la maggior parte diplomati, questi giovani rappresentano il 44% della popolazione attiva.

Si tratta di dati che comunicano il fallimento e l’inadeguatezza del sistema educativo di fronte alle esigenze economiche e sociali del paese: le carenze in materia di politiche di istruzione non fanno che diminuire le possibilità dei giovani di inserirsi in una società in continua mutazione.

I problemi delle politiche educative in Marocco sono svariati e, al di là dei dibattiti, rimane il fatto che il sistema fa fatica ad assicurare una formazione di buon livello a una gioventù che sogna un futuro migliore.

Di fronte all’inefficacia di tali politiche e al disinteresse dei poteri pubblici, gli studenti hanno recentemente deciso di impegnarsi in prima persona, riunendosi nell’Union des étudiants pour le changement du système éducatif (UECSE).

Che cos’è l’UECSE?

L’Unione degli Studenti per il Cambiamento del Sistema Educativo è un movimento spontaneo nato cinque mesi fa dall’unione di studenti marocchini che vogliono costituire un fronte unito contro le politiche disastrose condotte nel campo dell’istruzione dall’indipendenza fino ad oggi.

L’UECSE ha costituito sezioni in più di trenta città marocchine e organizza incontri regolari per discutere su un possibile modello di cambiamento e le azioni da intraprendere.

L’UECSE aspira a diventare un vero movimento culturale che rivoluzioni la mentalità degli studenti. Oggi, dopo la primavera araba e il Movimento 20 febbraio, giovani che sembravano passivi e indifferenti stanno cambiando atteggiamento.

Stanno imparando a mobilitarsi per i loro diritti, a protestare contro chi questi diritti li vorrebbe limitare, a pensare per proprio conto e a criticare lo status quo.

Per questo ci consideriamo un movimento di sensibilizzazione che tenta di includere gli studenti marocchini in un processo collettivo di presa di coscienza. Se non sono i giovani a volere i cambiamento, chi lo farà?

L’UECSE è indipendente da qualsiasi ideologia politica, dalle istituzioni come dalle organizzazioni della società civile (tra gli obiettivi, c’è anche quello di superare il frazionamento ideologico – gauchistes, islaimisti, berberi e saharawi – che ha diviso e indebolito il sindacato studentesco UNEM dalla fine degli anni settanta ad oggi, ndr).

Si tratta di un fenomeno inclusivo che si propone di rappresentare non solo tutti gli studenti, ma anche i professori, i genitori e la società marocchina nel suo complesso. L’UECSE non ha gerarchie né leader ed è frutto di un’iniziativa libera e spontanea. Gli incontri sono aperti a tutti e si tengono in caffè, parchi o altri luoghi pubblici e chiunque può prendere la parola.

Cosa vi ha spinto a creare l’UECSE?

Per capire cos’è l’UECSE bisogna partire dalla storia del Marocco degli ultimi decenni. Da quando il Fondo Monetario Internazionale ha imposto i PAS (Piano di Aggiustamento Strutturale) lo Stato si è disinteressato dei servizi pubblici (sanità ed istruzione), considerati improduttivi, e si è invece concentrato sulla crescita del turismo, sugli investimenti stranieri, sui “grandi progetti” che dovrebbero promuovere lo sviluppo economico, a discapito dello sviluppo umano.

Questa politica si è rivelata un completo fallimento.

Non si può costruire un paese senza educazione, un investimento redditizio solo nel lungo periodo. La scelta del governo di privilegiare progetti redditizi nel breve periodo non è frutto di un budget limitato, ma della mancanza di visione e di volontà politica.

Ogni anno il Marocco pubblica un nuovo piano per il rilancio del turismo, un altro per il rilancio dell’industria. Ma di istruzione si sente parlare solo quando il re distribuisce volantini o accessori scolastici nelle aree rurali del paese. È questo tutto quello che il nostro sistema educativo merita? Piani e progetti si succedono e lasciano spazio, ogni volta, all’annuncio del loro fallimento. Si succedono ministri uno peggio dell’altro, senza che nessuno abbia una visione di lungo termine sulla questione.

Daoudi (ministro dell’Insegnamento Superiore) e El Ouafa (ministro dell’Educazione nazionale), sono tra i peggiori di sempre. El Ouafa è semplicemente incompetente e in un anno di governo è stato in grado di affermare che le ragazze sono adatte solo per il matrimonio (ma non per la scuola?, ndr).

Con Daoudi, invece, il paese ha raggiunto un record ineguagliato in materia di liberalismo economico in campo educativo. Daoudi vorrebbe aprire il mercato dell’educazione a imprese polacche e russe che verrebbero a colmare le numerose lacune del sistema pubblico. In nome del pragmatismo, non si persegue che un obiettivo: la fine dell’impegno statale nel settore educativo. Daoudi vorrebbe farci credere che se l’educazione fosse privatizzata, e diventasse fonte di profitto, allora risolveremmo tutti i nostri problemi.

L’UECSE è nata proprio dopo queste affermazioni ed è stata creata per dire “no” all’educazione del profitto e alla soppressione del principio di una scuola pubblica e gratuita, perché l’educazione è e deve rimanere un diritto. È lo Stato, e non le imprese, ad avere la responsabilità di fare uscire il sistema educativo dalla fase di stallo nella quale si trova. (…)

Ma i politici non avranno mai la volontà di cambiare veramente le cose, se non ci sarà qualcuno che li costringerà a farlo.

Ed è qui che gli studenti devono far sentire la propria voce, diventando una forza di contestazione capace di far pressione per cambiare situazione. La costituzione di una forza di protesta studentesca sarà decisiva per la riforma del sistema educativo, così come per il raggiungimento della democrazia. Obiettivi che semplicemente non sono presenti nell’agenda di chi ci governa.

Quali sono i difetti del sistema educativo marocchino?

Parliamo di un fallimento completo. Le soglie d’accesso per le facoltà di Medicina, Commercio, Ingegneria o Architettura, che richiedono 18/20 al diploma (baccalauréat), ne sono la prova. Rivelano la mancanza di infrastrutture educative e la scarsa qualità del nostro sistema (mentre l’élite viene formata nelle università straniere, ndt). Il sistema, purtroppo, e “marcio”. Per questo noi non chiediamo la sua riforma, ma il suo cambiamento.

Gli studenti marocchini conducono gli studi primari e secondari in arabo classico (mentre la lingua madre di circa la metà della popolazione è il berbero e la lingua correntemente parlata nel paese è la darija, variante locale dell’arabo, ndt), salvo poi dover frequentare università in cui si parla francese. Secondo i dati ufficiali, non sono padroni né dell’una né dell’altra lingua.

Il sistema, poi, è frenato da programmi scolastici che limitano lo sviluppo del senso critico degli studenti (e quindi dei cittadini). Lo Stato non vuole dei cittadini consapevoli dei propri diritti e capaci di riflettere per proprio conto.

Anche il livello dei professori è una catastrofe. La selezione degli insegnanti, così come la loro sensibilizzazione ai diritti dell’uomo e al rispetto della dignità dei loro allievi, è ancora di basso livello. Le infrastrutture sono deficitarie, tanto nelle aree rurali che in quelle urbane.

(…) Si tratta, ripeto, di un problema politico. Quale che sia il budget assegnato, non ne vediamo che le briciole. Non c’è alcuna cultura della trasparenza.

Nessuno sa come sarà l’istruzione in Marocco tra dieci anni. Ma i piani per il turismo e per il commercio sono perfettamente chiari e propagandati da tutti i media (…).

Che tipo di azioni pensate di condurre? E cosa avete fatto fino ad oggi?

Lo spirito dell’UECSE si è basato, fino ad ora, sul concetto di “artivismo”: l’attivismo attraverso l’arte e la creazione. Solo attraverso la nostra creatività potremo trovare nuovi mezzi per far passare il nostro messaggio.

Abbiamo organizzato anche azioni di sensibilizzazione e di protesta “classiche”. Tra le più riuscite quella del 6 agosto, con sit-in in una ventina di città per chiedere il diritto all’istruzione gratuita (video del sit-in a Rabat, ndt).

Il 18 ottobre abbiamo organizzato attività artistiche (distribuzione di libri, eventi teatrali e musicali…) in collaborazione con il Movimento Internazionale degli Studenti. La nostra ultima iniziativa è stata la campagna “rinascita studentesca”, ispirata alla campagna lanciata da “Women Uprising in the Arab World” e volta alla creazione di legami di solidarietà con altri studenti in lotta per il cambiamento del proprio sistema educativo. Sin dal primo giorno abbiamo ricevuto centinaia di contributi e la campagna è ancora in corso.

*Per la versione originale dell’articolo clicca qui.

12 febbraio 2013

Marocco,

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