Egitto. Repressione contro le persone LGBT

Una nuova estesa, ondata di repressione sulle persone LGBT è in corso in Egitto, con 77 arresti dal mese di Ottobre in poi. Perchè? E perchè ora? L’attivista di lungo corso Scott Long, fornisce una risposta dettagliata sul suo blog, A Paper Bird

Il sensazionalismo dei media alimenta gli arresti

Ogni storia “succosa” fornisce alla polizia un incentivo a farsi pubblicità. Youm7, un giornale di prorietà privata, è il più offensivo verso le persone LGBT. Hanno soffuso di squilli di gioia ogni nuovo arresto, pubblicando nomi e volti, entrando nelle prigioni con la collusione della polizia per riprendere in video questi “miscredenti”. Dalla Rivoluzione Youm7 è diventato il megafono ufficioso della polizia e della sicurezza di stato.

Durante la presidenza Morsi, ha montato l’isteria contro i Fratelli Musulmani. Più di recente, il suo capo redattore è stato uno dei pochi eletti a dire a un mondo in attesa che il Generalissimo Sisi aveva in mente di correre per la Presidenza.

Un tipico titolo da Youm7: “Batosta per una rete di travestiti a Nasr City”. Youm7 e i suoi imitatori disumanizzanto i “devianti” arrestati, dipingendoli come, allo stesso tempo, patologici e irrimediabilmente criminali. Ogni articolo è un nuovo sfoggio di degradazione visiva e verbale.

Il governo fornisce queste storie ai media

Diffondere lo stigma sociale è un marchio essenziale del regime post-colpo di stato.

Tutta la strategia del governo Sisi è stata basata sull’alimentare divisioni per conquistare l’Egitto. E’ iniziata la scorsa estate, ma le cerchie di quelli che vivono una vita indegna di essere vissuta, di quanti vengono brutalmente espulsi dalla società e dalle specie continuano ad allargarsi.

L’Egitto si sta ora auto-divorando in una furiosa caccia alla defizione di chi non sia più egiziano. I “pervertiti” sono solo le ultime vittime in ordine di tempo.

La polizia e i media, assieme, hanno generato un vero e proprio classico panico morale. Mentre camminavo in centro, un venerdì, ho sentito un sermone sparato dagli altoparlanti proprio nel cuore del Cairo: “Perchè adesso vediamo uomini dediti a vizi abominevoli? – Chiedeva l’imam – Perché si truccano, mettono il rossetto e si comportano come donne?

Queste forme di “devianza” sono ora un argomento comune nelle moschee di quartiere quanto nei notiziari nazionali.

Youm7 ha intervistato dei presunti esperti a proposito del “problema”: “Di recente un fenomeno molto serio è emerso nella nostra società, con effetti devastanti sugli individui, la società e la nazione. Questo fenomeno è il crimine dell’omosessualità” (nell’originale arabo viene usata l’espressione “devianza sessuale”, ndr)

In questa narrazione, le critiche occidentali contro gli arresti di persone LGBT “prova” che c’è una cospirazione contro la morale e la mascolinità egiziane.

La mascolinità è un valore di base qui

La repressione colpisce soprattuto le persone che, nelle frammentate e fragili comunità LGBT egiziane, sono più vulnerabili e visibili, quelle che sfidano i confini di genere.

E questo nonostante il fatto che, sebbene la legge egiziana criminalizzi la condotta omosessuale maschile, non ci siano norme contro il “travestimento” o l’effeminatezza.

Eppure, in molti di questi casi, le persone sono state condannate per atti omosessuali senza alcuna prova tranne il loro aspetto o la presenza di abiti o trucchi nelle loro borse.

Molte di queste persone non si autodefiniscono “trans”, né sono legate a un qualche preciso pronome sessualmente connotato. Un modo per spiegare la cosa, è che l’identità di genere – ammesso che questa espressione significhi qualcosa in Egitto – spesso esiste solo incollata alla “sessualità” anziché come un asse identitario disaggregato.

Ho scritto su questo blog come la Rivoluzione abbia posto una domanda inquietante a proposito del senso della mascolinità egiziana. I generali che hanno assunto il controllo del paese dopo Mubarak hanno iniziato a dipingere i giovani dissidenti come effeminati: capelli lunghi, culturalmente ambigui e incapaci di virtù virili…

i rivoluzionari hanno adottato un linguaggio che attaccava la mascolinità degli oppositori: “Uomini in piedi”, un richiamo al coraggio e alla sfida che suggerisce che gli oppositori fossero delle donnicciole.

Cosa ne è venuto fuori? Un ambiente in cui tutte le parti in causa hanno costantemente discussono di masolinità e hanno sparato accuse sulla sua presunta assenza. Tutto questo, unito alla paura per la vulnerabilità nazionale e l’irrilevanza diplomatica ha creato le condizioni ideali per diffamare chi trasgredisce ai confini di genere come traditori della patria e della cultura nazionale.

La repressione è conveniente per la reputazione della polizia

Subito dopo la Rivoluzione, le foze di polizia egiziane erano screditate e disprezzate. Dopo il febbraio del 2011, la polizia era praticamente scomparsa dalla maggior parte delle strade egiziane.

Con l’ascesa di al-Sisi i poliziotti sono tornati per vendicarsi. Li vedi a ogni incrocio, pance prominenti, arroganti, che colpiscono i tassisti per avere la loro mazzetta quotidiana. Dare la caccia a disprezzati nemici della virtù migliora la loro immagine.

Le notizie forgiano il morale a casa: quando si tratta di “devianza”, le nostre forze di sicurezza fanno buona guardia…

Questa repressione, finora, non avviene pattugliando spazi pubblici come zone di passeggio o caffè, né infiltrandosi in spazi pseudo-pubblici come pagine Internet o chatrooms. La polizia invade le case private. Ad ogni notizia, propagandano la loro abilità da raggi X per spiare attraverso i muri come fossero di cellophane.

E questo è il messaggio più inquietante. La Rivoluzione si è ribellata proprio contro l’occhio del poliziotto alla finestra, il suo orecchio sul muro, la sua mano stretta sulla spalla. È finita. Non c’è più privacy.

La mano è diventata un pugno, è sta bussando alla porta. Il toc-toc serve a ricordare che lo stato è ancora lì, che può controllare qualsiasi cosa tu stia facendo, cosa indossi, cosa il tuo corpo desidera. Il toc-toc si insinua nei tuoi sogni.

Ora a sentirlo e a temerlo sono le trans, i gay, le lesbiche, gli effemnati o mokhanatheen (“uomini che somigliano a donne”).

Abituati a temere, sono un pubblico molto attento. Un uomo gay, che non ha nulla di particolare nel suo aspetto, mi ha detto tre giorni di essere spaventato ad aprire la porta in questi giorni, spaventato di uscire di casa, perché teme che i suoi vicini potrebbero sospettare qualcosa e denunciarlo alla polizia.

La Rivoluzione aveva promesso “libertà personali”, ma dimenticateve; “la nostra società” non può “applicarle correttamente”, sono un’aspirazione corrotta, un’evasione dalla necessità del controllo.

Ricordate tutti quei sogni per il domani? Il domani se n’è andato.

Un ricordo incoraggiante

Prima di questa ondata di arresti, l’ultima volta che qualcosa di simile è accaduto in Egitto è stato tra il 2001 e il 2004, quando la polizia arrestò migliaia di persone LGBT per “depravazione”. Long scrive: “Posso dire con orgoglio che quell’ondata finì perchè noi di Human Rights Watch, assieme ad attivisti del Cairo, l’abbiamo documentata dettagliatamente, compresi i metodi subdoli usati dai poliziotti in borghese per scovare e catturare le persone. E’ la fine dei casi di gay in Egitto, disse allora un alto funzionario del ministero dell’interno a un importante avvocato, nel 2004, “a causa delle attività di certe organizzazioni per i diritti umani”.

* La sintesi del post di Scott Long è stata curata da Denis LeBlanc e Colin Stewart. La versione originale della sintesi si trova qui . Il post originale è invece qui

June 04, 2014di: Scott Long *Egitto,

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