Egitto. Ramy Essam e i dilemmi di un musicista censurato

Sul web e sui social si è a lungo parlato del recente trasferimento in Svezia dell’artista, ci si è chiesti se il simbolo musicale della rivoluzione di piazza Tahrir non avesse davvero abbandonato per sempre il paese e i fan al loro destino. Così, Essam ha deciso di rispondere.

Era il 2011 quando “Irhal“, la canzone che ha reso famoso in tutto il mondo l’artista egiziano Ramy Essam, risuonava tra la folla sterminata di piazza Tahrir.

Siamo tutti uniti / Tutti vogliamo una cosa sola: /Vattene, Vattene, Vattene, Vattene / Fuori, fuori, Hosni Mubarak“, cantava in quei giorni, in cui fu anche prelevato dai soldati e torturato per ore all’interno del Museo Egizio.

Cacciato Mubarak, però, le cose si sono fatte al contrario sempre più difficili per Ramy Essam, che sia sotto Morsi ma soprattutto sotto l’attuale governo militare dell’ex generale al-Sisi, ha incontrato continue censure e intimidazioni, compreso un duro interrogatorio nel giugno di quest’anno da parte della polizia.

Perciò, quando la città svedese di Malmö – che fa parte del Network Internazionale delle Città Rifugio – gli ha proposto un soggiorno di due anni, compreso di alloggio e borsa di studio, Essam ha accettato con gioia e ad ottobre è partito.

A lungo, però, nel suo paese e soprattutto sui social network si è rumoreggiato sul fatto che Essam fosse alla ricerca di asilo politico fuori dal paese, e molti suoi fan si sono sentiti traditi e abbandonati.

Per questo il cantante ha deciso di rispondere con un comunicato, pubblicato dal sito di Freemuse (il Forum Mondiale sulla Musica e la Censura), in cui spiega in modo chiaro le ragioni della sua decisione:

“Si è detto in vari articoli egiziani e sui social media che sarei in cerca di asilo in Svezia. Questo non è vero.

La realtà è la seguente: dopo la rivoluzione ho continuato ad affrontare questioni sociali e politiche all’interno delle mie canzoni. Come artista e cittadino sento l’obbligo di impegnarmi nella società e aggiungere qualcosa di positivo al processo democratico.

L’anno scorso non sono stato in grado di suonare liberamente in Egitto. Non ho avuto il permesso di tenere concerti di fronte ad un vasto pubblico. Le mie canzoni sono state censurate dai media statali. Sono stato molestato dai poliziotti e interrogato dalla polizia per la sicurezza nazionale.

In diverse occasioni ho anche dovuto rifiutare offerte per concerti e conferenze all’estero a causa delle restrizioni sui viaggi.

Come musicista per me è necessario suonare davanti ad un pubblico. È necessario soddisfare il pubblico. Le persone possono non essere d’accordo con i miei testi o non amare la mia musica, e questo sono sempre stato disposto ad accettarlo. Ma mi aspetto anche che la mia società accetti che io possa avere le mie opinioni personali.

La democrazia è fondata sul dialogo. Non sull’eliminazione delle idee o delle espressioni artistiche che si oppongono alla maggioranza o al sistema dominante. In Egitto, a causa di tutte le restrizioni e censure, questo dialogo ora non è possibile.

Quando il consiglio comunale di Malmö generosamente mi ha offerto una residenza di due anni come artista, sono stato più che felice di accettare. Si tratta di una grande opportunità per me di svilupparmi come artista e di incontrare il mio pubblico internazionale.

Durante il mio soggiorno in Europa, probabilmente sarò in disaccordo su molte questioni, e come artista mi soffermerò su di esse. E – da lontano – cercherò di mantenere il contatto con il mio amato pubblico e i miei sostenitori in Egitto. Ripeto: io non sto cercando asilo. Tornerò”.

Dall’estero, Essam procede con i suoi studi e lavori, compreso un tour negli Stati Uniti, mentre il 25 gennaio (data cruciale in cui il cantante rilascia in genere qualche bomba musicale) uscirà il suo nuovo album che sarà, manco a dirlo, anch’esso “politicamente impegnato”.

E’ infatti già uscito qualche mese fa un video dissacrante intitolato “Ahd al-Ars”, una critica al vetriolo al presidente egiziano che, Essam è sicuro, gli attirerà come al solito le ire delle alte sfere (per vedere il video e leggere la traduzione del testo, clicca qui).

Foto di Lilian Wagdy in Wikimedia Commons.
Sotto, il video di “Mahnash Mn Dol” (Non apparteniamo a loro), uscito alla vigilia del 25 gennaio scorso.

December 21, 2014di: Anna ToroEgitto,Video:

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